INDUISMO

“DIO È UNO MA I SAGGI LO CHIAMANO CON MOLTI NOMI” (Rig Veda)

L’induismo è una religione monoteista

INDUISMO IN BREVE

L’induismo più che una religione è un modo di vivere, è un’ortoprassi. La sua pratica non si basa su rigidi dogmi e pur vantando una storia di grandi speculazioni filosofiche e teologiche, predilige un approccio esperienziale quindi una ricerca diretta della Realtà.

L’induismo è la terza religione più diffusa al mondo, con circa 950 milioni di aderenti in tutto il mondo. Non fa proselitismo, poiché riconosce valide tutte le strade per arrivare alla Verità.

Alla definizione di “induismo”, tradizionalmente, si preferiscono quelle di sanatana dharma, “la norma eterna”; vaidika dharma, la religione del Veda; matrka dharma, la Madre di ogni norma. Denominatore comune è il termine dharma ovvero l’ordine cosmico di tutta la realtà.

DHARMA

L’ordine cosmico, dharma, è il sostrato di ogni cosa esistente; l’insieme delle leggi etiche che promuovono la pace, la crescita e l’armonia tra gli esseri. Il dharma implica l’insieme di leggi fisiche, biologiche ed etiche che mantengono la vita; un ordine che deve riflettersi anche nelle azioni dell’uomo. Tutto ciò che nutre e sostiene la manifestazione, il mondo e tutti gli esseri e la società è dharma.

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KARMA

La teoria del karma si basa sulla legge di causa ed effetto. Il termine karma traduce generalmente l’idea di qualcosa che è svolto, un’azione, un lavoro, un dovere. Il destino dell’essere umano è nelle sue mani; egli è il risultato delle azioni passate e artefice di quelle future. Attraverso le azioni presenti, si semina il proprio futuro.

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MOKSHA

Il fine ultimo dell’uomo è la suprema beatitudine e unione con Dio, moksha, diritto di tutti gli esseri animati e inanimati.
È la liberazione dall’ignoranza che impedisce di sperimentare la beatitudine infinita.

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OM – LA SILLABA SACRA

La sillaba sacra OM è il suono primordiale dal quale ebbero origine tutti gli altri suoni e linguaggi, esso è la sintesi di tre suoni a-u-m, la sillaba eterna, è il simbolo vibratorio dell’Assoluto e della stessa manifestazione, è la vibrazione presente in ogni forma esistente, dall’uomo a ogni granellino di sabbia, a ogni atomo. É la natura del Brahman, l’Assoluto. È l’essenza dei Veda.

VEDA

L’induismo non si basa sulla rivelazione di un singolo profeta o fondatore. Dal vasto oceano della Conoscenza senza fine, gli antichi veggenti, rishi, ricavarono un’essenza da trasmettere all’umanità per favorire il benessere e la felicità dell’uomo. Tale conoscenza eterna è il Veda. Una Conoscenza che ogni essere umano può, potenzialmente, percepire in uno stato di rofonda meditazione.

La conoscenza eterna, Veda, è percepita dai saggi veggenti, i rishi. Il Veda delinea i confini dell’ortodossia indù: è l’autorità suprema. In esso si ritrovano i fondamenti della cultura, della spiritualità, delle arti e delle scienze induiste.

I Veda sono stati preservati intatti nel corso di millenni grazie alla straordinaria capacità  nemonica dei sacerdoti, brahmani, incaricati di trasmetterli e di custodirne la conoscenza.

Le Scritture sacre indù si dividono in due macro insiemi: Shruti, la rivelazione divina e Smriti, i esti basati sulla Shruti ma compilati dagli uomini. Vi è un vasto corpus di Scritture che contiene la saggezza, la storia e la spiritualità dell’induismo e dell’India. Tra questi testi sono celebri il  Ramayana e il Mahabharata, le due grandi epopee sacre; i Purana ricchi di miti, simboli, aspetti  conografici, celebrazioni e riti; i Brahma-sutra, i trattati normativi e dottrinali, Shastra; i Tantra e gli Agama dedicati alle dottrine delle diverse tradizioni.

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TRA LE PRINCIPALI SCRITTURE

SHRUTI

La rivelazione divina

SMRITI

I testi compilati dagli uomini

ITIASA

Comprendono
Mahabharata e Ramayana

PURANA

Ricchi di miti, simboli,
aspetti iconografici, celebrazioni e riti

IL TEMPIO INDUISTA

Il tempio è il luogo d’incontro tra il devoto e Dio, e il principale luogo di aggregazione e scambio culturale per le comunità. Esso non costituisce tuttavia un luogo “chiuso”, ma un ponte tra la comunità induista e quella locale in un processo di conoscenza e accettazione reciproca in cui ognuno è il benvenuto, in cui si sostiene il bene comune.

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QUADRINOMI: ALUNI CONCETTI CHIAVE DELL’INDUISMO

Ere cosmiche, yuga, e la concezione ciclica del tempo

La concezione indù del tempo è circolare.
L’universo è senza inizio e senza fine. Nella cosmologia induista, esso segue un processo eterno di emanazione e riassorbimento, corrispondenti all’espiro e all’inspiro del Dio creatore Brahma.
Ogni ciclo cosmico o maha-yuga è composto da quattro ere, yuga: satya, treta, dvapara, kali.
A partire dall’era perfetta, satya, si assiste a un progressivo decadimento della virtù. Al termine di ogni kali-yuga, la manifestazione si riassorbe in uno stato di latenza, pralaya, in attesa di una nuova emanazione, shristhi.

Stadi della vita, ashrama

La vita degli esseri umani è idealmente suddivisa in quattro stadi: brahmacharya, grihastha, vanaprastha e samnyasa.
Considerando idealmente di cento anni la durata della vita, ai primi venticinque corrisponde il periodo dello studentato in cui si studiano le Scritture presso la casa di un Maestro e si osserva la castità. Nei successivi venticinque anni, si entra nello stadio famigliare in cui si assolvono i compiti domestici e si partecipa attivamente al benessere economico della società. Il quarto stadio prevede il ritiro nella foresta, un ritiro parziale dalla vita del mondo, in cui si approfondiscono le Scritture e si intensificano le pratiche ascetiche e meditative. Il quarto stadio è la totale rinuncia al mondo, è la via del monaco.

Scopi, purushartha

Ai quattro stadi della vita si accostano i quattro scopi dell’uomo: dharma, artha, kama e moksha.
Faro che illumina tutto è il dharma, il giusto modo di comportarsi, la deontologia. Godere di beni materiali, sempre in armonia con i principi etici del dharma, è artha. Soddisfare la sfera sensoriale e sensuale senza esserne condizionati è kama.
Questi tre sono gli scopi definiti pravritti, “verso il mondo”. Il quarto scopo moksha, è l’emancipazione dai vincoli dell’ignoranza e la realizzazione dell’Assoluto. Questa è la via nivritti, la via del monaco che rinuncia al mondo. Il monaco offre la sua vita alla ricerca di Dio e al servizio verso tutti gli esseri.

Vie o yoga

Yoga è l’unione del sé individuale al Sé assoluto. Questa ricerca di unione può seguire più strade a seconda delle facoltà e dei temperamenti di ciascun individuo.
Infinite, come infiniti sono gli esseri umani, sono le vie che portano all’emancipazione finale, moksa o mukti.
La Bhagavad-gita presenta una triplice classificazione dello yoga in: karma-,jnana- e bhakti-yoga, percorsi che confluiscono l’uno nell’altro e non si escludono a vicenda.
Il karma-yoga è la via dell’azione consapevole e disinteressata. La realizzazione consiste nel non essere attaccato al frutto dell’azione.
Lo jnana-yoga è l’approccio della discriminazione intellettuale, speculativa tra ciò che è reale e ciò che non lo è.
Il bhakti-yoga è la via della devozione e dell’abbandono a Dio in una forma personale.
Il raja-yoga prevede pratiche spirituali e meditative di vario genere.

PRATICHE RELIGIOSE DELL’INDUISMO

Le pratiche religiose dell’induismo sono molte e variano a seconda della tradizione di appartenenza, della propria cultura territoriale di riferimento e da molti altri fattori.
Si possono genericamente riassumere nelle seguenti.

Yoga

Con il termine YOGA s’intende genericamente una tecnica di ascesi o un metodo di meditazione, presente in forma diversa nelle diverse correnti di pensiero e movimenti mistici indiani, che ha lo scopo di liberare l’uomo dai vincoli della materia, offrendo una vastità di mezzi. Si distingue oltre che dall’aspetto pratico anche dalla sua natura iniziatica, che implica un insegnamento trasmesso direttamente da maestro a discepolo. Esistono molte forme di yoga, in quanto è una disciplina complessa e include pratiche fisiche, meditative e di adorazione in un contesto filosofico-religioso.

Puja

Rituale domestico

Ogni indù ha nella propria casa uno spazio dedicato all’adorazione, da una semplice parete a un’intera stanza. Può trattarsi di uno spazio con l’immagine della Divinità cara (Ishta-devata) o famigliare o con la foto della propria guida spirituale, Guru o figure di Santi.

Soprattutto le famiglie più ortodosse praticano rituali e recitano inni e mantra specifici nei momenti associati al passaggio del sole (sandhya): alba, mezzogiorno e tramonto. Il risveglio è seguito da un bagno rituale e dall’adorazione (puja) della Divinità famigliare, con l’offerta di acqua, frutta, incensi, luce e suono di campanelle, accompagnati dalla recita di inni in sanscrito o in lingue regionali.

In altri momenti del giorno, gli appartenenti della famiglia possono sedersi vicino all’altare della Divinità e meditare, leggere le Scritture, praticare il silenzio o intonare canti devozionali. In alcune famiglie, le donne iniziano la giornata tracciando sul terreno, con farina di riso o polveri colorate, davanti alla porta di ingresso, diagrammi geometrici o simboli religiosi di buon auspicio. Una pratica comune, soprattutto in India, è quella di donare parte del proprio cibo ai bisognosi e lasciarne sempre una porzione a disposizione degli uccelli e di altri animali.

Rituale di adorazione (puja)

La prassi religiosa forse più diffusa è la puja: il rituale di adorazione devozionale. Pūjā è ciò che sconfigge il peccato. La puja è espressione della bhakti, la devozione a Dio, quindi non è una mera venerazione formale o meccanica bensì è l’instaurarsi di una relazione intima e personale di amore non egoistico.

Nella puja, la Divinità è adorata alla stregua di un ospite importante. Le si rivolgono i gesti gentili dell’ospitalità: è invitata a sedersi, simbolicamente nel seggio del cuore del devoto, le si lavano i piedi, e le si offre acqua pura da bere. Accomodata sul seggio, viene lavata, adornata di profumi, fiori, colori, simboli degli elementi e del cosmo, e altresì deliziata dal dono del cibo e nutrito dai frutti delle nostre azioni. Infine, la Luce della conoscenza dissolve l’oscurità dell’ignoranza. Le offerte per il culto (upacara) possono variare da un minimo di 5 a un massimo di 64; e nelle forme più elaborate possono essere anche di più. Lo scopo della puja è l’identità con il Principio Divino che può essere raffigurato in una statua, murti, o in un simbolo geometrico e astratto, yantra.

La puja può essere di vari tipi da una più semplice domestica a una più complessa e formale all’interno dei templi.

Darshana

Nel tempio, alcune figure addette al culto celebrano la puja quotidianamente, una o più volte al giorno. Generalmente il rituale si svolge, a tende chiuse, nel sancta-santorum (garbha-grha) in cui dimora la Divinità principale del tempio. Il momento conclusivo della puja è il darshana in cui le tende si aprono e il fuoco dell’arati illumina l’immagine Divina. Il devoto trova nel darshana, letteralmente la “visione” di Dio, il momento di massima intensità.

Arati

Durante l’arati, il fuoco dei lumini è fatto oscillare davanti all’immagine della Divinità. Questo fuoco è portato poi tra i devoti che con un gesto delle mani, lo portano agli occhi e alla fronte, e interiorizzano così la luce della Conoscenza che esso simboleggia. Durante l’arati, il devoto può suonare le campane, cimbali o strumenti a percussioni; può cantare bhajan o intonare inni devozionali.

Proprio come, anticamente, si annunciava l’arrivo di un ospite importante, allo stesso modo questi atti vogliono dare il benvenuto alla Divinità ed esprimere la grande gioia generata dalla Sua presenza. Il devoto concentra tutti i sensi e la mente sulle qualità più pure e sperimenta una forte e intima unione con il Principio Divino.

Prasada

Al termine si distribuisce il cibo consacrato (prasada)

Japa

Meditazione, ripetizione del nome di Dio, mantra

Studio

Delle Scritture e dei testi sacri della propria tradizione

Samskara

Nell’ Induismo esiste una serie di cerimonie dette “samskara” che si svolgono nei momenti particolarmente importanti dell’esistenza. (Samskara significa: ciò che abilita, che purifica, che rende pronto a compiere qualche dovere particolare e conferisce un “adhikara” o idoneità). I samskara sono in numero diverso a seconda delle scritture. La lista canonica, accettata prevalentemente, ne comprende sedici. La Manu Smrti (II.26 segg.) ne ricorda dodici.
Alcuni samskara tra i più osservati al giorno d’oggi sono:
Niskramana – la prima uscita all’aria aperta –
Annaprasana -la prima assunzione di cibo solido –
Cudakarana – a 6 mesi il primo taglio dei capelli – al 1° o 3° anno di età, questo samskara, noto anche come mundana, caula e vapan, secondo la tradizione ha l’effetto di prolungare la vita del bambino.
Vidyarambha – l’inizio dell’apprendimento – circa a cinque anni.
Vivaha – matrimonio – celebrato ancora in modo tradizionale. Funzioni sociali del matrimonio:
1. abilitare l’uomo alla celebrazione dei riti garantendo così la continuità dell’ordine morale e sociale;
2. procurargli una discendenza capace di procurargli un posto tra gli antenati.
“Il giorno precedente al matrimonio la madre della sposa le decora le mani con i disegni tradizionali (mehendi). Durante la cerimonia gli sposi vengono simbolicamente purificati, decorati, nutriti assumendo le vesti degli stessi dei, quindi simboli divini. Per rendere felici e nutrire le forze dell’universo, gli Dei, si celebra la cerimonia del fuoco. Per rendere felici e celebrare i quattro padri, gli antenati, si celebra il matrimonio, vivaha, attraverso il quale la famiglia continua la sua progenie. Il fuoco rappresenta la purificazione, la conoscenza, il calore, la luce. Lo sposo mette al collo della sposa una collana, simbolo del matrimonio. Gli sposi si scambiano una promessa e il reciproco impegno con una suggestiva preghiera. L’atto fondamentale compiuto dagli sposi durante la cerimonia del matrimonio è il Saptapadi: i setti passi. Ad ogni passo gli sposi suggellano, recitando dei versi vedici, gli intenti della loro unione.” (Induismo n.3, pag.42)
Antyesti – funerale – ultima oblazione. “Quando una persona muore, anzitutto si eseguono riti di espiazione accompagnati dal dono di una vacca (oggi sostituita da una somma in denaro) ai brahmani; poi il corpo del defunto, avvolto in vesti nuove e pulite e adorno di fiori freschi, viene trasportato in corteo al luogo di cremazione suonando, cantando e recitando litanie dei nomi di Dio; ivi giunti, il cadavere è immerso nell’acqua a scopo di purificazione, spruzzato con burro fuso e collocato sulla pira.

Contemporaneamente si recita un mantra per allontanare gli spiriti maligni e si offre cibo ai trapassati; poi il figlio maschio primogenito o il parente maschio più prossimo gira attorno alla pira tre o sette volte recitando un mantra propiziatorio e infine appicca il fuoco. Terminata la cremazione si gettano sette scaglie di legno nel fuoco e poi ciascuno dei presenti spruzza acqua sulle ceneri; si raccolgono poi alcuni resti, che un tempo venivano collocati in un’urna e sepolti sotto un tumulo di terra, mentre oggi vengono quasi sempre dispersi nelle acque di un fiume sacro.” (Piano, Sanatana Dharma. pag.271-2)

Voti

Osservanza di voti.

Il vrata esprime quindi un voto che l’individuo sceglie di seguire volontariamente. Il voto è osservato soprattutto dalle donne. Il voto può essere classificato in base ad alcuni fattori principali: se si tratta di un voto del corpo, della parola, della mente. La seconda classificazione è determinata dal tempo, dal momento e dalla durata. La terza classificazione è legata a un aspetto del divino a cui si vuole dedicare il voto. Infine, si possono classificare voti in base al ruolo che si ha nella società o se si è uomini o donne. La durata dei vrata varia a secondo della ragione per cui si osserva. Ci sono voti che durano per periodi lunghi di sei mesi, un anno fino ad altri che durano tutta la vita. A ciascun vrata è prescritto un cibo da assumere o da evitare.

Il Digiuno (anahara)

Usato già dagli antichi veggenti come mezzo di purificazione del corpo, della mente e dello spirito, il digiuno mira ad avvicinare l’uomo alla Presenza di Dio. Le forme di digiuno sono anch’esse numerose e prevedono molte varianti: dalla semplice astensione dal cibo cotto, ammettendo frutta e latte, fino ad arrivare alla forma di digiuno completo in cui non si assume nessun tipo di cibo. Ai chiari benefici spirituali, si affiancano ripercussioni benefiche sull’intero organismo dell’uomo

Il silenzio (mauna)

Il silenzio è una pratica molto diffusa tra asceti, ricercatori spirituali (sadhaka) e anche capofamiglia. Mauna non è la semplice astensione dal parlare, deve comportare anche un silenzio, una pace della mente e delle emozioni.

Yatra
Il pellegrinaggio, yatra, è una pratica religiosa molto diffusa. Intrapreso soprattutto a piedi, il pellegrinaggio prevede (o almeno così era in passato) viaggi su percorsi irti di pericoli e rischi. Risponde soprattutto a motivi legati a una pratica ascetica, tapas; a un voto, vrata; a una purificazione da una colpa commessa quindi come forma espiatoria, prayashcitta; al semplice desiderio di visitare il luogo santo. Meta principale di pellegrinaggio sono i tirtha, [letteralmente “guado sacro”; quei fiumi o bacini d’acqua in prossimità dei quali si riunivano festività periodiche]. Giunto a destinazione il devoto compie le azioni rituali, esegue la circumambulazione rituale (pradakshina). Il pellegrinaggio termina con il ritorno a casa. Il pellegrinaggio può essere inteso anche in senso simbolico come viaggio interiore dell’essere umano e la sua progressiva purificazione fino a raggiungere il luogo sacro del proprio cuore dove dimorano amore, veridicità, controllo dei sensi e compassione. I principali tirtha sono luoghi naturali come fiumi, laghi o montagne; città o villaggi legati alla vita o alle gesta di Maestri, santi e autorità religiose o menzionati nelle Scritture; luoghi di raduni di persone religiose. Le città più famose meta di pellegrinaggio in India: Varanasi; Kedarnath; Ayodhya; Mathura; Haridvar; Kanchipuram; Kanyakumari; Madurai; Calcutta; Dvaraka; Ujjain; Badrinatha; Rameshvaram; Chidambaram, e altre ancora. I principali fiumi sono: la Ganga, la Sarasvati, la Godavari, la Yamuna, la Kaveri, la Narmada, il Sindhu.
Seva
Fare servizio alla propria comunità, proprio Guru, a Dio, a tutti gli esseri umani, agli animali.

PAESI CON MAGGIORE CONCENTRAZIONE DI INDUISTI

L’induismo nel mondo ha oltre un miliardo di fedeli sparpagliati in tutti i continenti (il 15% dell’intera popolazione del pianeta). Insieme con il cristianesimo (31,5%), l’islam (23,2%) e il buddhismo (7,1%), l’induismo è una delle quattro religioni maggiori esistenti per percentuale di aderenti.

Induismo nel mondo
Induismo in Europa
Induismo in America

PICCOLE AZIONI CONCRETE

Attraverso i fondi dell’otto per mille l’Unione Induista Italiana realizza progetti dove i principi etici di rispetto, amore e cura si concretizzano in azioni di solidarietà e sostegno.